AMARE PER SEMPRE
Prima parte
p. Salvatore Franco omi
Queste due parole oggi sono maltrattate e incomprese. L’amore è sempre più visto come un semplice sentimento e una possibilità per uno scambio di piaceri o di sensazioni più o meno coinvolgenti che generano una intimità, una condivisione di vita che può rompersi da un momento all’altro. “Per sempre” è una parola che fa paura e fa pensare più ad una trappola per topi, ad un impegno asfissiante che chiude altre possibilità.
Eppure, se ascoltiamo il fondo del nostro essere, ci rendiamo conto che sono proprio due cose che non riusciamo a fare a meno di desiderare, di sognare e di sperare. Sono due cose che stanno insieme e si richiamano l’una all’altra. Sentiamo infatti che l’amore per essere amore deve essere fedele.
È difficile oggi fare esperienza di una fedeltà duratura. In un romanzo “Possibilità di un’isola” viene descritto l’uomo del futuro, che, per trovare l’eternità, si fa clonare e per resistere alle difficoltà delle relazioni è obbligato a rimanere isolato dagli altri e comunicare solo virtualmente. Una compagnia che gli porta il senso del contatto e della fedeltà è un cane, anch’esso clonato. La cosa interessante è il clone dell’animale appare soprattutto inizialmente ancora fedele al precedente padrone.
In effetti il cane è un simbolo di fedeltà. Pensiamo alla storia del cane Hachiko, il cui nome vero era Hachi che significa “8” , numero che, in Giappone è considerato fortunato. Il cane apparteneva ad un professore universitario Hidesaburō Ueno. Ogni mattina l’animale accompaganava alla stazione ferroviaria il suo padrone e restava seduto in quel luogo fino al ritorno di questi la sera. Quasta scena si ripeteva fino a quando, nel 1925, il prof. Ueno morì improvvisamente al lavoro. Ogni giorno, per 10 anni, Hachiko si recava alla stazione dove attendeva invano il suo padrone fino a quando morì anche lui l’8 marzo del 1935, giorno che venne dichiarato di lutto nazionale. Il corpo del cane venne poi imbalsamato ed esposto al Museo Nazionale di Natura e Scienza, ma alcune ossa sono state sepolte accanto alla tomba del professor Ueno. A dimostrazione dell’ammirazione dei Giapponesi per questo esempio di fedeltà, ogni 8 marzo viene organizzata una cerimonia per ricordare Hachiko.
La fedeltà è davvero molto importante per la nostra vita. Pensiamo a come rimaniamo delusi quando qualcuno ha preso un impegno nei nostri confronti e poi non lo ha compiuto. Pensiamo alle nostre amicizie, a quante persone abbiamo incontrato, che abbiamo frequentato, e poi, non abbiamo sentito più. Pensiamo al dolore, per chi ha ancora sensibilità, che genera il sapere che qualcuno a cui teniamo non ci considera più con lo stesso amore, con la stessa stima, di prima.
Ci diciamo talvolta per darci una spiegazione: «vuol dire che non ha più bisogno di me”, oppure «non posso dargli quello che cercava» o ci chiediamo: «dove l’ho deluso?».
In questi casi tutto ci sembra falso: le parole, i gesti erano sinceri o superficiali, formali, finti? La fedeltà infatti va insieme alla verità e chi non è fedele appare menzognero: afferma qualcosa, promette qualcosa, che non corrisponde alla realtà.
Anche a noi capita di scoprirci infedeli. Soprattutto quando sopraggiunge una tentazione, nella solitudine, nella prova, nella superficialità. Nella Bibbia troviamo spesso questa amara constatazione: «Ogni amico dice: “Anch’io sono amico”, ma c’è chi è amico solo di nome. Non è forse un dolore mortale un compagno e amico che diventa nemico? O inclinazione al male, come ti sei insinuata per ricoprire la terra di inganni? C’è chi si rallegra con l’amico quando tutto va bene, ma al momento della tribolazione gli è ostile. C’è chi si affligge con l’amico per amore del proprio ventre, ma di fronte alla battaglia prende lo scudo» (Sir 37,1-5); «Salvami Signore! Non c’è più un uomo giusto; sono scomparsi i fedeli fra i figli dell’uomo. Si dicono menzogne l’uno all’altro, labbra adulatrici parlano con cuore doppio» (Sal 11,1-3).
Un amore, un’amicizia, una relazione fedele è quanto cerchiamo perché è ciò di cui abbiamo più bisogno. Un bambino che cresce ha bisogno della presenza costante di qualcuno che si prende cura di lui, che gli dice: «Sono qui!». Crescendo questo bisogno resta anche se le forme della presenza dell’altro possono cambiare. Una psicologa inglese chiama questo bisogno: «Una base sicura».
Quando il re Davide pensa di costruire un tempio a Dio questi per farlo ragionare sul significato della sua presenza gli dice: «Sono stato con te dovunque sei andato» (2 Sam 7,9). Pian piano Dio ha educato il suo popolo al mistero della sua presenza fedele e costante per offrigli questa base sicura dalla quale allontanarsi e a cui tornare. È frequente l’immagine di Dio come una roccia: «Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna» (Is 26,4). Troviamo per es. questa stessa sicurezza nel salmo 138: «Se salgo in cielo, là tu sei. Se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra al tua destra» (Sal 138,8-10).
Questa fedeltà non è realizzata solo nell’esserci ma anche nell’andare alla ricerca dell’uomo: «Quand’anche tu fossi disperso fino all’estremità del cielo, di là il Signore, tuo Dio, ti raccoglierà e di là ti riprenderà» (Dt 30,4). Per questo egli si mostra come un padre e una madre sempre presente anche quando il popolo si sente abbandonato: «Sion ha detto: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato”. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco sulle palme delle tue mani ti ho disegnato» (Is 49, 14,16).
Dio si mostra misericordioso sulla basa della sua fedeltà. Per questo la prima parola che indica la sua misericordia esprime anzitutto la fedeltà, la sua coerenza e stabilità. Il suo amore è un amore responsabile, non è solo un sentimento, una emozione, una compassione passeggera, ma una promessa d’amore fedele che si realizza coerentemente. Quando il popolo lo tradisce nel deserto e Mosè spacca le tavole della legge, Dio si rivela in modo nuovo a lui sul monte Sinai dicendo di se stesso: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6).
Dio desidera far entrare anche l’uomo in questo mistero della sua fedeltà e per questo propone l’alleanza, un patto di lealtà in cui egli si impegna per primo. In questo modo egli educa il popolo ad essere fedele e ad estendere questa fedeltà anche nei confronti degli altri. Per questo dalla fedeltà paterna e materna Egli passa a costruire una fedeltà reciproca in cui anche l’altro ha la sua parte da compiere. Dio si mostra così come lo sposo che soffre per l’infedeltà della sua sposa: «Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce» (Os 6,4) ma Egli le resta fedele comunque: «Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os 2,21-22); «Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo ad esserti fedele» (Ger 31,3).
La fedeltà ci viene trasmessa attraverso le nostre relazioni ed esperienze umane ma ognuno di noi ha bisogno di scoprire la fedeltà di Dio. Questa fedeltà ci permette infatti di comprendere e realizzare quell’istinto primordiale che in noi ci spinge a desiderare ciò che non passa e che ci dà il presentimento dell’immortalità. Scriveva Marcel: «Se c’è in me una certezza incrollabile, essa è quella che un mondo che viene abbandonato dall’amore deve sprofondare nella morte, ma là dove l’amore perdura, dove trionfa su tutto ciò che lo vorrebbe avvilire, la morte è definitivamente vinta»; «Dire Ti amo a una persona significa dirle: Tu non morirai mai!»
Gesù, nell’Apocalisse, è rivelato a noi come “il Testimone degno di fede e veritiero” (3,14); “ll Fedele e veritiero” (19,11). Egli è fedele perché ci dice: «Ecco, io sono voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). La sua fedeltà a noi risiede nell’impossibilità per lui di rinnegare se stesso (Cfr. 2 Tim 2,13). L’infedeltà di chi ama è infatti l’incoerenza con se stessi, il rinnegamento di sé prima che dell’altro. Cristo rimane fedele nel suo atto di amore che si rende presente a noi, per sempre, fino alla fine del mondo, per farci entrare nel mistero dell’eterno.
Da qui l’importanza di apprendere la fedeltà nella nostra vita a cominciare dalle piccole cose. Nella parabola delle monete d’oro il padrone dice al servo «Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ti darò potere su molto, prendi parte alla gioia del tuo padrone» (Mt 25, 21-22).
Questa fedeltà nelle piccole cose è stata centrale nell’esperienza di s. Teresina di Lisieux. Teresa capisce che l’amore a Gesù può e deve tradursi anche in piccole cose [si può costruire il Regno di Dio anche “sbucciando bene le patate”, “chiudendo delicatamente le porte” e attraverso piccoli sacrifici, rinunce e offerte (si sforza di mangiare con gusto anche i cibi che non le piacciono), come quelli che possono venire dalle consorelle, anche in una bella comunità come il Carmelo. Teresa mostra una particolare predilezione per la consorella più antipatica (al processo dichiarerà di essere stata la prediletta), sopporta con amore che una consorella poco delicata non si accorga di spruzzarla continuamente con l’acqua sporca dei panni, come il tic che provoca un fastidioso rumore coi denti fatta da una consorella durante la preghiera. Anche per queste piccole cose dice: “Sono sempre contenta di ciò che il buon Dio fa, non desidero che la sua volontà”. Ella scriveva: «Si, mio bene amato, ecco come si consumerà la mia vita… Io non ho altro modo di provarti il mio amore, che quello di offrirti dei fiori, cioè di non lasciarmi scappare alcun piccolo sacrificio, alcun sguardo, alcuna parola, di approfittare di tutte le più piccole cose e di farle per amore…» (MB 4v).
Gesù ci chiede dunque di essere fedeli nelle piccole cose poter essere fedeli nel molto quando la vita ce lo chiederà. A volte, in quello che nessuno vede, ci costa essere fedeli. Ci costa compiere quello che ci siamo proposti quando nessuno ci guarda. Fare le cose senza che nessuno lo sappia, nella discrezione del lavoro quotidiano. Essere corretti e fedeli anche quando nessuno lo sa, nella routine di ogni giorno e che spesso ci stanca e a cui non si dà molto valore. E’ questa fedeltà nell’amore concreto che ci permette di fare tutto in modo straordinario .
Siamo ministri della vita. Il Santo Natale del Signore e la “Festa della vita”, e la memoria attuale dell’Avvenimento piu importante della storia; Avvenimento verso il quale tutta la storia converge e dal quale ha ricevuto pieno senso ed orientamento: la festa della vita e la festa dell’Incarnazione del Verbo. Il Padre ama l’uomo, sua creatura, fino al punto da inviare il Figlio, che assume un’integra natura umana creata, che si fa carne, partecipando interamente alla vicenda degli uomini: e quanto di piu straordinario il cuore umano possa accogliere e, dopo duemila anni, continuiamo a stupirci di un amore tanto grande.