Il 20 novembre 2009, alle 19 circa p. Fausto Pelis ha concluso il suo santo viaggio e ha raggiunto la comunità oblata del cielo.
Scrive p. Gianpaolo Gugliotta : “Colui che scherzosamente noi Oblati definivamo essere “senza peccato originale”, entra in Paradiso con la sua carica di semplicità, di fiducia, di carità genuina, di evangelico ottimismo di cui, vi possiamo assicurare, anche Vercelli, sebbene per poco tempo, ne ha assaporato i benefici. Si è concluso così il “miracolo” di p. Fausto, il miracolo di un uomo che per ben 35 anni ha vissuto con un rene donato dal fratello, il miracolo che è diventato storia.”
Una breve presentazione
In occasione del 50 ° anniversario della sua parrocchia a Bergamo p.Fausto ha scritto questa testimonianza:
Ho lasciato la mia famiglia e il mio caro quartiere popolare ancora molto piccolo, a dieci anni appena compiuti. Con me c’era anche l’amico Paolo Pesenti. Insieme siamo arrivati a Onè di Fonte (TV) la Scuola Apostolica (così si chiamava il seminario minore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata), dove abbiamo iniziato a frequentare il nostro cammino di formazione: lui la prima media ed io la quinta elementare.
La nostra parrocchia allora era S. Tommaso. Tornavamo ogni anno in vacanza, a fine giugno fino a quasi tutto luglio. Era sempre motivo di grande gioia rivedere l’ambiente in cui ero cresciuto ed incontrare gli amici con i quali avevo condiviso tanti momenti belli della nostra serena infanzia. Passo talvolta nel cortile, dove giocavamo, soprattutto a nascondino, e guardo con nostalgia la grande pietra sulla quale appoggiavamo la testa, nascondendola tra le braccia, contando fino al numero prefissato, in attesa che i compagni nel frattempo avessero il tempo di nascondersi.
Più avanti di qualche anno, ormai studente liceale, ebbi la lieta sorpresa di trovare la nuova chiesa che sarebbe poi diventata la nostra parrocchia e dove P. Angelo, mio fratello, P. Paolo Pesenti ed io avremmo celebrato un giorno la nostra prima santa messa! Il nostro parroco, Don Giovanni Moretti, è stato un vero padre e amico: non mancava ogni anno di farci visita in seminario, accompagnato da qualche nostro amico, come il caro Gigi Pizzaballa, lo storico portiere dell’Atalanta, che ci portava in dono le magliette molto apprezzate della nostra squadra.
Come non ricordare la commozione e il pianto del giorno in cui tornando in vacanza, era l’anno 1959, non ho più rivisto Chico, il mio amico d’infanzia Enrico Gotti! Ogni anno, al mio arrivo, mi aspettava al balcone, “ol finestrù” delle case popolari, per darmi il suo festoso saluto! Qualche giorno prima, il 14 Giugno, suo 17° compleanno, uscendo dalla clinica Gavazzeni, dove aveva fatto visita a suo padre agonizzante, è stato investito da un auto, morendo sul colpo! Ha lasciato un grande vuoto! Ogni volta che torno a Bergamo e mi reco al cimitero, facendo visita ai nostri cari defunti, non manco di sostare davanti alla sua foto per pregare e ricordare gli anni indimenticabili della nostra spensierata fanciullezza.
Sono stato consacrato sacerdote il 18 Marzo del 1967 a S. Giorgio Canadese (TO), nel nostro studentato missionario. Subito, nel pomeriggio, con tutti i miei parenti, con Don Giovanni Moretti e altri amici, sono partito alla volta di Bergamo per presiedere in serata alla solenne Benedizione Eucaristica nella nostra chiesa parrocchiale del Sacro Cuore. Che affettuosa accoglienza ed esultanza da parte di tutti, soprattutto i miei coetanei! Il giorno dopo, Domenica delle Palme, ho celebrato la mia prima santa messa, la cui omelia è stata fatta da Don Antonio Epis, allora in aiuto alla parrocchia. Nel pomeriggio dopo i Vespri solenni, nei quali ho rivolto un pensiero di gratitudine ai numerosi presenti, ha avuto luogo, in onore del novello sacerdote, un momento di festa organizzato dai ragazzi e giovani dell’oratorio, sotto la guida del curato Don Giuseppe Mignani e dei fratelli Antonio e Giuseppe Donghi, allora seminaristi.
Durante la settimana santa ho potuto svolgere il mio primo ministero sacerdotale. Potete immaginare la mia emozione quando proprio con un caro amico d’infanzia venne in sagrestia a salutarmi, chiedendomi di confessarsi: era la prima volta che celebravo il sacramento della confessione!
Ormai sono trascorsi 40 anni di sacerdozio missionario! Nel 1992 ho avuto la gioia di ritornare a celebrare nella nostra parrocchia anche il 25° di Ordinazione. Era parroco allora Don Alfonso Pontoglio.
Ringrazio il Signore di essere nato e cresciuto nelle “vecchie case popolari”, con la “mia gente” che, nonostante il tempo e la lontananza, porto sempre nel mio nel cuore.
P. Fausto Pelis, omi
Testimonianza sull’esperienza del trapianto
Compieta 29/03/09
“Se il chicco di grano…”
Il Vangelo di questa 5a Dom. di Quaresima ci introduce direttamente nel mistero del dolore-amore proprio del Mistero Pasquale.
Ho vissuto questa parola di Gesù con un forte sentimento di gratitudine, per la provvidenziale sua coincidenza con la ricorrenza che oggi ho ricordato: il 29 Marzo del 1974 mio fratello Don Tullio è stato il chicco di grano… che mi ha donato la vita!
Nel clima di vera fraternità che ci unisce vi confido due momenti speciali di quella esperienza che mi ha segnato l’esistenza!
Un mattino il mio compagno di stanza, in emodialisi, mi chiede a bruciapelo come conciliare l’amore di Dio con il dolore umano; domanda molto difficile, particolarmente per me sottoposto anch’io in quel momento alla dialisi. Ricordando la promessa di Gesù: non ti preoccupare, ti suggerirò io le cose da dire, ho fatto appello alla fede e ho improvvisato la risposta: “Gesù non è venuto a risolvere il problema del dolore umano, è venuto per riempire il nostro dolore della sua ‘presenza’!”. Il volto del mio amico si è rasserenato, e anch’io, riflettendoci sopra, ho scoperto il perché, fra tante possibili vie di salvezza, Gesù avesse voluto scegliere proprio questa della Passione e della morte: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13).
In Lui che sulla Croce ha gridato al Padre il suo abbandono, tutta l’umanità si ritrova, con le sue croci, i suoi drammi, le sue attese. Ma è in Lui risorto che tutta l’umanità risorge e la storia personale di ciascuno ritrova un significato, una speranza e una tensione nuova.
Qualche giorno dopo il trapianto, nella festa di Pasqua, mio fratello Don Tullio, parlando agli ammalati, durante la S. Messa, motivava il suo gesto con queste parole: “ Il dono del rene per me è stato una conclusione logica: se amo devo farmi dono…Cristo è il Pane spezzato sulla mensa, anch’io ho voluto spezzarmi per essere vero sacerdote e soprattutto perché il Sacerdozio di Cristo e mio continuasse in mio fratello…”
In Gesù che ha dato la vita per ciascuno di noi, il mistero del dolore umano si illumina della sua presenza. Da allora, per quell’estremo atto d’amore, in ogni dolore, prova, croce, malattia, lutto, possiamo incontrare Lui stesso. In Lui crocifisso il dolore è diventato il segno e la misura del suo amore per noi. È proprio questo amore che riempie il vuoto del nostro dolore, trasformandolo in segno e misura del nostro amore per Lui e per ciascun uomo nel quale incontriamo il suo volto sofferente.
Il segreto della nostra forza e della nostra serenità sta nel fidarci di Dio! Ogni Venerdì santo della vita preparerà allora una pasqua sempre più bella e più grande!
per leggere l’esperienza completa: ►
QUELLA CHEMIO «OFFERTA» DA PADRE FAUSTO
E dire che era bergamasco come lui. Ma quando padre Fausto Pelis,
oblato di Maria Immacolata, ha visto prendere a Feltri (del quale aveva
«tanta stima e fiducia») iniziative «che poco sanno di giornalismo», il 2
settembre ha scritto a Dino Boffo per assicurargli il «mio fraterno
sostegno nella triste vicenda di questi giorni che tanto l’addolora». Era
«fiero» di quel suo conterraneo, ma confessava che «mi stupisce e mi
sconvolge la testardaggine» con cui Feltri «insiste nonostante le
spiegazioni date da lei con tanta chiarezza e verità». Dal messaggio del
religioso trasparivano un tatto e una preveggenza del tutto singolari:
«Prevedo per il direttore del “Giornale” – scriveva padre Pelis – un
grande danno: avviene come nelle sabbie mobili, più ci si agita e muove,
più si va a fondo. Sarebbe stato da vero “professionista”, di fronte
all’evidenza dei chiarimenti, ammettere onestamente l’abbaglio».
«Prometto la mia preghiera – concludeva, con delicatezza – e l’offerta di
quanto può comportare in sofferenza la chemioterapia che devo
affrontare in questi mesi». Parole che hanno toccato Boffo nel profondo:
«La chiusa della sua lettera – è stata la risposta – mi impone in qualche
modo di parteciparle questa confidenza. Alla fine, è un merito anche suo,
e della sua chemio, se qualcosa si muove nel senso di una riconciliazione
ancora lontana, ma non si sa mai». Un messaggio che però padre Fausto
non ha potuto leggere: pochi giorni fa il fratello padre Angelo – anch’egli
oblato – ha comunicato la sua morte, a Vercelli, il 20 novembre. (Da “Avvenire” 5 Dicembre 1999)